Le paludi pontine: terra di città nuove, abbandonate alla bizzarra desolazione una trionfalità senza spettatori, alveare di contadini trapiantati a bonificare stagni e ancora in bilico: gente per intenderci che parla romano e ricorda in veneto.
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Ce li spedì il Duce, quello «buono» che mieteva il grano e sempre ora vi torna, e cupo le perlustra aggirandosi di notte sopra un vecchio Guzzi a quattro tempi. E c'è Palude, anche lui dice di aver visto il Duce ma ha altro a cui pensare. È il cuore a dargli pena, non pompa, lo vuole abbandonare. Ma il «Sole-24 ore» ha fatto le graduatorie tra le città d'Italia, la vita a Latina fa schifo, ci vuole una trovata per risollevarne le sorti. Il sindaco, che è stato federale, un'idea l'avrebbe. Proviamo con i trapianti, sono moderni, si fa una bellissima figura. E a Palude arriva un cuore nuovo... Anche in questo romanzo, che ripubblichiamo a distanza di qualche anno in una nuova edizione, Antonio Pennacchi ha saputo costruire una vera macchina narrativa: trasognata eppure sbuffante allegria e crudeltà, ricca di fisicità, di movimento.Un linguaggio battente, sostenuto da inesauribile vena inventiva, allinea e incastra storie sapientemente modulate sui ritmi del romanzo popolare. Più che storie, quelle di Pennacchi sono vere e proprie leggende in corso d'opera.
Antonio PENNACCHI (1950) è autore di Mammut (1994), «Premio del Giovedì», e Una nuvola rossa (1998) entrambi pubblicati da Donzelli. Con la prima edizione di Palude (1995) ha vinto il «Premio Pisa».